La formazione di Marcello Dudovich presso le Officine Grafiche Ricordi a Milano ( 1897/ 1899)

Trattando della storia e dei cartellonisti di casa Ricordi, possiamo riprendere in mano i passi, prima appena tracciati, della vita di Marcello Dudovich. E’ certo che la pur breve esperienza europea a Monaco di Baviera abbia indirizzato il Nostro in direzione dell’estetica modernista e che da questa egli ne abbia mutuato spirito innovativo e vocabolario sintetico. E così quando nel 1897 Dudovich giunge a Milano ed entra a far parte della squadra dello stabilimento Ricordi, grazie a una raccomandazione di suo padre che conosceva il concittadino Leopoldo Metlicovitz, egli non è completamente digiuno da conoscenze artistiche né estraneo al linguaggio che va maturando in campo internazionale.Alle Officine Ricordi il suo compito era quello di semplice copista, responsabile cioè del trasferimento sulla pietra litografica di disegni di altri cartellonisti; questa la testimonianza di Marcello Dudovich che, quasi alla fine della sua vita ricorderà: “L’idea di dipingere mi venne da giovinetto a Trieste frequentando degli amici pittori, già in quell’epoca cercavo [l’aiuto] di persone di età maggiore della mia, per imparare, facendo poca fatica, siccome però schivando la fatica, ero un pessimo scolaro, mio padre pensò bene di togliermi dalla scuola e mandarmi a Milano ad imparare il mestiere del litografo, e a Milano, nello studio di Milano, mi capitò di dipingere il mio primo manifesto. Seguito poco dopo dal secondo e da tanti e tanti altri.”  “© 2017 archivio MD”

Lo stabilimento Ricordi nacque nel 1808 come Casa editrice dedita alla pubblicazione di opere liriche e di spartiti musicali e tale restò fino al 1889; nel 1891 introdusse ufficialmente e su larga scala la cromolitografia e i risultati non si fecero attendere: “il fatturato del settore grafico ai primi degli anni Novanta era aumentato a tal punto che l’azienda decise di rendere autonome quelle che da allora assunsero il nome di Officine Grafiche Ricordi. Queste, grazie alla politica del loro staff dirigenziale, furono ben presto in grado di contrastare la concorrenza dei numerosi laboratori litografici che nelle varie città italiane stavano sorgendo o stavano riconvertendo la propria produzione nel campo cromolitografico della cartellonistica: Chappuis a Bologna, Doyen a Torino, Modiano a Trieste. “© 2017 archivio MD”

E’ utile ricordare, inoltre, che già nell’Ottocento la Casa editrice Ricordi vantava numerose agenzie sul territorio nazionale (oltre alla sede di Milano vi sono le agenzie di Napoli, Firenze e Roma), ma la sua presenza era attiva anche oltre i confini italiani (nel 1878 nacque l’agenzia di Londra e altre filiali aprirono a Parigi, New York, Lipsia). Questi sono dati di estrema importanza in quanto i costanti rapporti con l’estero tenuti dallo stabilimento sono fonte inesauribile di informazioni, di sollecitazioni visive; creano dunque una rete di scambio proficua anche per gli artisti, che possono così aggiornarsi molto rapidamente sulle novità in campo artistico ed editoriale. Le esigenze pubblicitarie maturate alle soglie del nuovo secolo fanno quindi registrare alla Ricordi un forte incremento della stampa di “avvisi” – erano così chiamati i primi cartelloni pubblicitari che reclamizzavano spettacoli musicali – : ai manifesti di carattere prettamente teatrale si aggiungono quelli prodotti per l’industria merciologica. In questo breve giro di anni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la “distinzione tra grafica “industriale” e grafica “d’arte” non è sostenibile nei termini di una diversa natura estetica, anzi proprio nel clima Art Nouveau e nella volontà ideologica di democratizzare il bello e applicarlo a tutti i livelli della vita, anche il messaggio commerciale si fa strumento di una simbologia per immagini di grande pregnanza semantica ed edonistica; se mai diversificate sono le finalità dell’una rispetto all’altra, ma entrambe connesse al desiderio rinnovatore di un linguaggio unitario e comune. “© 2017 archivio MD”

Nella sua veste di copista Dudovich è addetto alla realizzazione delle lastre litografiche, una per ogni colore. Il risultato del processo cromolitografico è una stampa dai colori crudi, piatti: in tal senso esso offre possibilità particolarmente interessanti per quella ricerca di essenzialità, di stilizzazione e di astrazione che va maturando nella cultura occidentale del periodo. Ma il carattere internazionale delle Officine Grafiche Ricordi prima sottolineato si palesa anche, più semplicemente, nella presenza di artisti accomunati dalla provenienza estera. Furono quasi tutte presenze dalla spiccata personalità che crearono un fertile terreno per l’attecchire delle novità europee di sigla modernista e che, all’interno di una consolidata tradizione di avvisi ottocenteschi, seppero elaborare nuove formule di comunicazione. Infatti nel 1897, anno in cui Dudovich entra nel “team” delle Officine Grafiche Ricordi, allo stabilimento milanese lavora un gruppo di cartellonisti formato da artisti stranieri (Adolfo Hohenstein che ne è il direttore artistico e Leopoldo Metlicovitz) e italiani (Aleardo Villa, Giovanni Mataloni, ecc…). Sono tutte figure fondamentali nell’economia complessiva della storia del manifesto italiano infatti Hohenstein, Villa e Mataloni sono i nostri primi cartellonisti di merito. In questo ambiente Marcello Dudovich apprende i primi insegnamenti in fatto di cartellonistica, dopo le esperienze formative a Monaco di Baviera, il “team” dello stabilimento milanese, gli consente di dialogare con personalità di tutto rispetto nel panorama della cartellonistica italiana: sono già affermati autori di manifesti Hohenstein e Metlicovitz, mentre Mataloni e il giovane Cambellotti sono i principali corrispondi da Roma. Il contatto con questo fervido humus – che ha già alle spalle storia ed esperienza sufficienti per offrire ottimi stimoli ad un giovane e promettente pittore – non può che arricchirlo. “© 2017 archivio MD”

Giulio Ricordi si rende conto in un brevissimo lasso di tempo che il triestino ha talento e merita di ottenere un ruolo di maggiore rilievo all’interno delle Officine ed è così che da semplice copista egli viene promosso a disegnatore autonomo. Nel 1898, un anno più tardi rispetto a Dudovich, giunge allo stabilimento un altro cartellonista: il palermitano Aleardo Terzi (chiamato da Roma direttamente da Giulio Ricordi, su segnalazione di Mataloni). In questo stesso anno l’appena ventenne Dudovich, già intuite le notevoli potenzialità della promozione pubblicitaria, decide di allargare il suo orizzonte lavorativo procurandosi altre occasioni di collaborazione. Acquista così assieme a Leopoldo Metlicovitz e a un pittore greco, di nome Arvanitaki, un enorme magazzino da adibire a studio, in modo da affiancare alle committenze Ricordi quelle dello stabilimento Gualapini (per cui fece dei bozzetti per almanacchi e piccoli acquarelli) e delle ditte Cantarella e Modiano. Mettendosi in proprio Dudovich afferma quell’idiosincrasia per i vincoli – di qualsiasi natura siano – che sarà tratto distintivo del suo carattere per tutta la vita. Intanto, per completare la sua formazione, il giovane triestino frequenta le lezioni di disegno accademico e di studio del nudo alla Società artistica e patriottica di Milano. Durante il suo primo soggiorno a Milano (1897-1899), Dudovich impara l’arte del “cromista” proprio traducendo sulla pietra litografica i lavori di Hohenstein e Metlicovitz, ma lo stile Liberty insito nell’arte cartellonistica dei due maestri verrà dal Nostro maggiormente potenziato in direzione Jugendstil, anche grazie al suo soggiorno a Monaco di Baviera (ne sono testimonianza, come vedremo tra poco, i manifesti di Dudovich creati presso lo stabilimento Chappuis). Nel binomio Metlicovitz-Dudovich si può facilmente rintracciare una staffetta stilistica che vuole dapprima il primo e più anziano insegnare al più giovane concittadino e in seguito, soprattutto dopo il primo decennio del Novecento, un ribaltamento dei ruoli, sebbene persistano comunque continue mutazioni di stile tra i due. Per parte nostra riteniamo giusto imputare a Metlicovitz un ruolo di suggeritore (piuttosto che di guida) nei confronti di Dudovich nei primi anni d’apprendistato da Ricordi – siamo tutelati in questo giudizio anche dalla biografia del Nostro -, ma consideriamo le scelte stilistiche di Metlicovitz meno influenti sull’arte del Nostro dopo la seconda metà del primo decennio del secolo. “© 2017 archivio MD”

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