Il periodo bolognese di Marcello Dudovich (1899/1905)

Negli ultimi anni dell’Ottocento, solo i migliori grafici sapranno dar prova di avere inteso il nuovo mandato astrattivo, che traghetterà la grafica fin dentro il Novecento. Si può infatti affermare che solo dal 1899 l’Italia volti davvero “pagina” e che i suoi cartellonisti raggiungano una comunione d’intenti tale da affermare con decisione il nuovo volto della cartellonistica contemporanea. Il periodo in cui Marcello Dudovich comincia la sua attività artistica combacia dunque con uno straordinario sviluppo della grafica applicata (settore caratteristico della rivoluzione dell’arte internazionale fin de siècle) e con il trionfo di diversi mezzi di comunicazione visiva, dall’illustrazione per riviste, libri, spartiti musicali, al manifesto, alla cartolina postale illustrata, alla pubblicità. L’arte, attraverso il mezzo grafico, pare divenire ‘di tutti’ e raggiungere ogni individuo, diffondersi come linguaggio universale. Il Liberty si propone infatti di garantire un’eleganza e una bellezza moderna a un pubblico che sia il più esteso e democratico possibile. E l’artista, in qualità di illustratore, vede nella grafica pubblicitaria sia il mezzo per inseguire un gusto raro senza però imprigionarlo in un ambito di chiusa aristocrazia sia, in termini più concreti, una buona possibilità di guadagno. “© 2017 archivio MD”

Proprio nel 1899, anno di svolta per la storia del manifesto italiano, Marcello Dudovich lascia Milano (sebbene continui a collaborare con le Officine Grafiche Ricordi) per trasferirsi a Bologna e lavorare presso lo stabilimento grafico di Edmondo Chappuis. Al 1899 risalgono quindi le prime opere autonome e firmate di Marcello Dudovich, e noi, da queste prime testimonianze bolognesi faremo partire l’avventura nel mondo iconografico dell’artista triestino. Ma prima si rendono necessarie alcune informazioni che riguardano il luogo ove Dudovich si trova ad operare (e nel quale resta per sei prolifici anni): la città di Bologna. La fotografia che delle regioni Emilia e Romagna ci regala la storia è di una terra omogenea per ideali civili e sentimenti umanitari. Questo certo facilitò le varie città emiliano-romagnole nel colloquio entro e fuori i propri confini, favorendo quegli interlocutori che per tradizione culturale o esigenza del momento le furono più congeniali. Bologna mantiene, a livello artistico, vivi contatti soprattutto con Firenze ed è la città in cui da molti anni opera Alfonso Rubbiani con il suo gruppo di artisti. “© 2017 archivio MD”

Questo è l’ambiente urbano in cui si muove Marcello Dudovich ed è appunto quello che figurerà in alcuni dei suoi manifesti bolognesi come sfondo; il volto di Bologna, visto ed interpretato dall’artista, di cui i cartelloni pubblicitari sapranno dare tempestiva testimonianza. Gli edifici danno testimonianza dell’interesse rubbianesca per il neo-medioevalismo; ma alla volontà di recupero delle testimonianze monumentali si somma anche una libera interpretazione del passato storico, una condizione che, connessa alla pratica del restauro, condizionerà il risultato finale volgendo le spalle agli stili più innovativi dell’eclettico e dello stile Liberty. Tale spinta storicista, che non rompe con la tradizione e col passato, è da considerarsi di fatto contraria a quella innovatrice, spiccatamente internazionale, del Liberty e ottiene di rallentare l’esplicitarsi delle nuove formule stilistiche nella regione. Ma Alfonso Rubbiani e i suoi collaboratori, tra le cui file si riconoscono Achille Casanova, Alfredo Tartarini e Augusto Sezanne, sono impegnati – come abbiamo accennato – anche su un altro fronte, che è quello delle arti applicate. Nel 1898 viene infatti fondata a Bologna una cooperativa artistica, la Aemilia Ars. Tale associazione divenne famosa per i pizzi e i ricami reinventati su antichi modelli del Rinascimento, ma operò anche nei settori della lavorazione del gioiello, del cuoio, del ferro battuto, dei mobili e della ceramica. Ma, lo ribadiamo, non sarà questo l’aspetto dell’arte emiliana più progressista, infatti “il monopolio rubbianesco viene messo in discussione già nei primi anni del secolo sia sul piano teorico che a livello operativo, mentre l’ideale recinto di una città della cultura e della bellezza pare dilatarsi e insieme entrare in crisi di fronte all’avanzare di nuove proposte e all’affermarsi di situazioni divergenti. “© 2017 archivio MD”

In primo luogo va sottolineato il successo delle sperimentazioni dell’Atelier Chappuis, proiettate decisamente verso l’Europa e la dimensione internazionale dell’Art Nouveau. Ed è infatti questa la fucina degli ingegni della nuova epoca che si apre e che si manifesta con forza a Bologna proprio nella produzione grafica, per merito dell’atelier di Chappuis. Lo stabilimento richiama in città i migliori disegnatori contemporanei; sempre attraverso la grafica si concretizzerà l’altro avvenimento culturale bolognese ‘di punta’, ovvero la nascita della rivista “Italia ride” che dichiarerà fin dal suo esordio nel 1900 rivelerà scopertamente l’insofferenza nei confronti della pittura ufficiale del periodo, deridendo e smitizzando i vari filoni decadenti e veristici delle voghe artistico-letterarie dell’epoca. Le espressioni artistiche di natura grafica infatti non incontreranno – nel promuovere le delicatezze floreali della stagione Liberty – quelle difficoltà che invece saranno proprie delle maggiori discipline artistiche. A differenza degli ambiti ove a volte più forte rimase il retaggio della tradizione accademica (pittura, scultura ed architettura), nella grafica il Modernismo fu una espressione stilistica accettata quasi universalmente. “© 2017 archivio MD”

Operatore artistico di estrema sensibilità e raffinatezza, di indole prevalentemente grafica, Marcello Dudovich parte da Milano nel 1899 per raggiungere proprio lo stabilimento cromolitografico in via Cartoleria gestito da Edmondo Chappuis. “Passare a lavorare in quella che Dudovich chiamava l’“officina dei sogni” di Chappuis, dopo esser stato nella modernissima litografia Ricordi, era un salto indietro, ma Dudovich, di fianco all’entusiasta francese [di soli quattro anni più maturo], riuscì ad affermare meglio la piccola ma vivace casa bolognese, e ad imporsi con preponderanza dirompente. Per Chappuis lavorano importanti nomi della cultura artistica italiana come Hohenstein, Mataloni, De Carolis, Nomellini, Terzi, Cambellotti. Tramite questi personaggi arriva a Bologna aria nuova da Trieste, da Roma, da Milano, da Firenze; ma l’ambiente artistico locale si apre alle novità soprattutto grazie alla circolazione di riviste europee d’avanguardia che provengono dall’Inghilterra, dalla Francia e della Mitteleuropa. Tra gli artisti bolognesi che accolgono con favore le novità stilistiche del Liberty internazionale, creando una valida alternativa all’ufficialità, c’è Alfredo Baruffi. Ci siamo occupati di sottolineare quanto indirettamente concorre (condizioni, circostanze, idee, ecc.) alla formazione culturale di Marcello Dudovich e allo sviluppo della sua arte perché è in tale contesto che si sviluppa la componente diarchica della sua arte. “© 2017 archivio MD”

Fin verso la metà del primo decennio del Novecento infatti, resisterà nel triestino sia una pulsione grafica assai efficace, sia un indirizzo più meditato, di natura pittorica. Dudovich farà correre lungo un binario parallelo queste due ricerche, senza che esse entrino mai in conflitto. Nella fase giovanile che lo vuole a Bologna (1899-1905), Dudovich assorbe in modo impressionante le molteplici sollecitazioni dell’ambiente artistico felsineo e, sebbene sia sempre in grado di prelevare da ogni manifestazione artistica quei segni che meglio possano esprimere i valori – per lui irrinunciabili – dell’astrazione e dell’iconismo elementare, lo vedremo qualche volta seguire inclinazioni di gusto meno decisive sotto il profilo dell’economia descrittiva. La situazione dell’Italia, culturalmente arretrata rispetto agli altri Paesi europei, vuole che a queste date, a livello di istituzioni, un vero e proprio dibattito critico sul Liberty si sia appena avviato. Ma da noi, accanto alle novità moderniste sfila lo zoccolo duro e massiccio della tradizione, con la quale ogni artista – presto o tardi – dovrà fare i conti. Queste ragioni fondamentali anche se al momento meno evidenti, incidono sul triestino Dudovich assieme alle dirette influenze assorbite dall’ambiente bolognese. Egli, sebbene orientato verso le novità europee di marca Jugendstil, non si esimerà quindi dall’esibire nei suoi manifesti sia una grafia più pittorica, di tono intimista (che tiene conto dei gusti della piccola borghesia, abituata alle morbide atmosfere, anche psicologiche, dei ritratti ‘d’ambiente’), sia corpi robusti, di matrice michelangiolesca, attinti direttamente dallo universo figurativo di De Carolis. “© 2017 archivio MD”

Dal 1901 e per qualche anno il giovane triestino testimonierà nei suoi cartelloni pubblicitari l’incidenza dell’orientamento nazionale, portato avanti dal gruppo romano dei neo-cinquecentisti dannunziani, anche entro i confini del capoluogo emiliano. Tuttavia l’interesse di Dudovich per il Rinascimento maturo è qualcosa che si dissolverà presto poiché la sua sensibilità lo porta ad avvicinare la vita reale e l’universo femminile in particolare. I cartelloni pubblicitari che Marcello Dudovich crea nei primi anni della sua carriera si uniformano, nonostante le appena dichiarate differenze “locali”, ad una comune ragione compositiva: il primo e il secondo piano si presentano come due realtà distinte. E’ questo un buon punto di partenza rispetto a quanto ancora si andava facendo negli ultimi anni del secolo, soprattutto in terra francese, in ossequio alle rigide formule stereotipate ottocentesche. I manifesti del giovane triestino datati tra il 1899 e il 1905 mantengono infatti fede ad una formula compositiva – mai rinnegata dall’artista neppure negli anni della maturità – che vuole il primo piano occupato dai personaggi della messa in scena pubblicitaria (molto spesso una singola unità figurale) nettamente scanditi sulla superficie e nello spazio. Il secondo piano, sfondo della figurazione, può invece presentarsi secondo due varianti: illustrato con vedute cittadine o brani di vita contemporanea, oppure semplicemente uniformato nel colore e privo di riferimenti spaziali. Quindi già nei suoi saggi giovanili Dudovich intende le ragioni della selezione, puntando sul generale ed evitando di perdersi in particolari descrittivi che renderebbero più dispersiva la fruizione. Seguendo questo indirizzo si afferma il valore della unità a scapito dei valori della molteplicità. Si ottiene un’immagine dal carattere fortemente astrattivo: i tratti grafici che danno vita alle figure sono valori compositivi alla pari del colore, sono cifre, stenogrammi, che entrano ad animare lo spazio della rappresentazione facendo dialogare tra loro i vari elementi, componibili a piacere. “© 2017 archivio MD”

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