Tecnica: Tempera su carta / Tempera a on paper.
Dimensione: cm. 56 x 39 / in 23,22 x 15,35
Anno: 1915 ca
Soggetto: Stabilimento bacologico F.lli Luciani, Ascoli Piceno .
Provenienza: Collezione privata G.E. / Private collection G.E.
Note: Sperduta e lontana nel territorio della regione Marche meridionale – lì dove la classicità del Travertino incontra la mitologia dell’ acheo Diomede, dove nacquero Publio Ventidio Basso e Giulio Cantalamessa , dove cattolicesimo e medioevo si danno appuntamento all’ombra dei monti Sibillini e del Gran Sasso, Dudovich pensò e poi forse realizzò questa tempera in presentazione in un viaggio di estrema semplicità e purezza industriale. Non sempre le opere di un autore possono essere considerate capolavori e questa certamente non lo è. La sua semplicità è allarmante e viene ricondotta ad un interessante fenomeno che ha caratterizzato la vita economica dell’Ascolano fra il 1870 e il 1950 con la nascita e lo sviluppo dell’industria della confezione del seme dei bachi da seta strutturatosi come un vero e proprio distretto di assoluto rilievo europeo, sia in termini quantitativi, che qualitativi. La storia, come tutte le storie, è lunghissima e trova le sue radici da un’epidemia che nel 1840 si manifestò per la prima volta in un allevamento di bachi in Provenza per poi espandersi in tutta Europa alimentando la distruzione degli allevamenti con la drastica riduzione delle rese produttive. Il distretto bacologico Ascolano rimase intatto da tale pandemia per l’adozione di un originale ed efficace sistema di isolamento delle farfalle madri suggerito dal grande Louis Pasteur, il quale aveva dettato un metodo per la corretta riproduzione dei bachi: le farfalle femmina che depositavano le uova dovevano essere tenute separate le une dalle altre grazie all’utilizzo di “celle” di garza o di carta; dopo la deposizione delle uova le farfalle andavano esaminate al microscopio per individuare i segni della malattia: se questi esistevano, occorreva distruggere le uova deposte dalle femmine malate, conservando solo quelle generate da femmine sane. Il sistema suggerito da Pasteur fu chiamato “cellulare”, in contrapposizione all’antico, detto “industriale”. Fu questo il segreto delle filande di Ascoli che non solo subirono marginalmente la crisi infettiva ma anzi le rese più solide con una produzione locale che nel 1890 sfiorava il 50% dell’intera produzione di seta europea con anche la vendita di semi sani all’estero permettendo il riavvio dell’attività a quelle aziende che ormai avevano cessato la produzione a seguito della pandemia pebrina. E Dudovich ? Dudovich fu uno dei tanti artisti chiamati nell’ascolano a preparare quella che una volta si chiamava rèclame. E’ noto che Dudovich avesse frequentazioni professionali ad Ascoli Piceno come del resto in tante altre città dove erano insediati rilevanti comparti d’attività produttive industriali o manifatturiere. Noto sarà il suo manifesto per l’anisetta Meletti di Ascoli Piceno ma altri lavori minori preparatori escono dalla storia e dalle collezioni come la tempera presentata che altro non è che un vero e proprio prototipo poi non andato in produzione. Il messaggio pubblicitario è chiaro e trova fulcro in una giovane fanciulla che ammira un baco da seta tenuto nel palmo della sua mano . La sua camicia bianca che appena si intravede con lo scialle sono prettamente riconducibili ad una tradizione marchigiana. Nel centro è posto il nome dello stabilimento bacologico F.lli Luciani, tra i più rinomati e costruito nel 1890 nel pieno centro di Ascoli in corso Vittorio Emanuele. Con un lapis sbiadito appena leggibile è apposta la scritta “ Seme- Bachi delle più pregiate razze indigene gialle e incrociate – cinesi e giapponesi”. Nell’angolo basso a destra sono disegnate alcune monete oppure medaglie a testimoniare la ricchezza o la premiata qualità del prodotto in questione. L’impalcato dell’opera è certamente gradevole, molto semplice e con un leggero tocco di ruralità addicendosi perfettamente ad una pubblicità di un’industria bacologica. La longeva datazione, visibile anche dai segni sulla carta lasciati dal tempo , è quasi certamente collocabile tra il 1910 e il 1915, ciò lo si evince da alcuni particolari costruttivi dell’impalcato che non possono essere svelati. Eccezionale e assoluta onestà a per quest’opera più unica che rara eseguita su carta non restaurata di cm 56 x 39 appesa da decenni alle pareti di un’abitazione privata di Monza. “ © 2019 archivio MD”