P6 Marca zenit, G.B.Borsalino fu Lazzaro & C.,Alessandria" Stampa Ricordi, Milano - Marcello Dudovich
1931
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Tecnica: Manifesto in stampa cromolitografica su carta
Dimensione: cm 205 x 145
Anno: 1911
Soggetto: Marca Zenit. G.B. Borsalino fu Lazzaro & C. , Alessandria

 Stampa: Officine Grafiche G. Ricordi, Milano.

Riferimenti storici: G.B. Borsalino. Alessandria  
Provenienza: Collezione Salce Museo Nazionale, Treviso
Note: Manifesto considerato una pietra miliare della genialità di Marcello Dudovich. Opera fuori lista vincente nel 1911 il Concorso Nazionale dei grafici pubblicitari indetto dalla Borsalino, al quale Dudovich partecipò con la scuderia Ricordi di Milano.
L’opera presentata a Giulio Ricordi non piacque al patron che non la inserì nei lavori iscritti al concorso. In maniera rocambolesca l’opera riuscì però ad arrivare sul tavolo della giuria che ne decretò l’assoluta vittoria per l’originalità del contenuto. Pochi essenziali elementi contraddistinguono questa opera dove il protagonista è il cappello nero accompagnato da guanti e bastone appartenenti a qualche nobil uomo in visita galante dietro il pesante drappo giallo.
Con tale opera Dudovich creò la prima pubblicità italiana con oggetto una raffinata natura morta, in contrasto con le classiche immagini create dai suoi contemporanei di lavoro. In realtà in quest’opera emerge l’insegnamento che Dudovich acquisì all’estero dove immagini pubblicitarie con oggetti statici, senza figure umane, erano già state usate dal grande maestro Hohlwein che conobbe a Monaco nel 1910. “© 2017 archivio MD”

 

Così Marcello Dudovich ricordò l’evento in una intervista tratta da Il Tempo 1953 pag 37. “Venne il concorso per un manifesto della Casa Borsalino. Ricordi voleva vincerlo a tutti i costi e si raccomandava con i suoi disegnatori perché ciascuno preparasse il suo bozzetto. 
Gran signore, non osava sollecitarci direttamente al lavoro. Veniva a trovarmi, mi chiedeva come stavo, mi parlava del più e del meno e intanto sbirciava il cavalletto con il pince-nez tenuto tra le dita. Il mio foglio continuava a restare bianco. Lo tenni sulle spine fino al giorno della consegna, quando gli mostrai quello che avevo fatto: un semplice cappello nero posato su una poltrona gialla, nient’altro. Forse qualcuno ricorderà ancora quel manifesto rivoluzionario. Quando lo vide, così diverso dagli altri e così semplice (a quei tempi i manifesti erano sempre pieni di figure, specialmente di donne abbondantemente scoperte) il povero commendatore torse il naso ed esclamò: “Questo risott chi, mi lo mandi no!”. 
Umiliato lo piantai lì e non mi feci più vedere in stabilimento. Passa una quindicina di giorni e una mattina sento una tromba d’auto sonare con insistenza davanti a casa mia. Mi affaccio: era l’auto del commendatore. Ricordi, sporgendosi dalla vettura gridava: “Dudovich, ch’el vegna giò che lo voglio abbracciare!”. Avevo vinto il concorso Borsalino […] celebrammo con lo champagne”.

Category
Borsalino, Manifesti
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